La sonosfera di Pesaro: ambiente acustico immersivo

La sonosfera di Pesaro è la prima struttura pubblica al mondo specificatamente creata per produrre un ambiente acustico immersivo.
Parte integrante del Museo Nazionale Rossini, è uno spazio per l’ascolto del suono che riproduce paesaggi sonori attraverso un sistema di altoparlanti posizionati in geometria sferica.

L’ideatore del progetto è David Monacchi docente al Conservatorio Rossini; la progettazione e realizzazione è stata in parte finanziata da fondi per la creatività dell’Unesco in quanto parte del progetto Fragments of Extinction – L’arca dei suoni originari.
Lo scopo primario del progetto è assai nobile: salvare, con una ideale Arca, quei suoni della natura che caratterizzano gli ecosistemi più lontani, vergini e a rischio di estinzione, utilizzando poi un teatro che portasse la fruizione di questo materiale immersivo oltre i vari device personali (come cuffie ed auricolari) per offrire una esperienza di altissima qualità audio e di gruppo, sociale.
Questa frase sintetizza perfettamente lo spirito del progetto:

We must save, as soon as possible, digital fragments of this unknown sonic heritage…
…for present and future generations, to study, experience, enjoy…

La struttura è portatile: può essere smontata e rimontata in altri luoghi, un pò come le AV Dome di cui ho parlato in questo post, ma con delle qualità acustiche di riverbero, assorbimento e isolamento assolutamente più elevate.

La tecnologia applicata potrebbe sembrare simile al sistema Atmos della Dolby.
In verità è molto più efficace: il sistema audio installato nella Sonosfera è multicanale su 45 canali che riproduce al centro dello spazio un campo sonoro molto prossimo alla realtà, creando un effettivo ambiente acustico immersivo.

L’esperienza sonora è accompagnata da una proiezione immersiva circolare prodotta da 8 videoproiettori full-HD che emettono una immagine di 16 K di risoluzione.
Questo è il video di una precedente installazione nel 2017 di un prototipo della Sonosfera, per il NATURAMA Natural History Museum di Svendborg, Danimarca.


Intelligenza artificiale nei musei: l’audioguida di domani

Nel 1967 lo Stedelijk Museum di Amsterdam iniziò la sperimentaizone della audioguida come la conosciamo oggi: un device che caricato di materiali audio, che ci racconta una storia, un sostituto dalle guida fisica ma a cui non si possono fare domande.
Nel 2017 la Pinacoteca di San Paolo,Brasile, insieme ad IBM inaugura l’audioguida di domani, anzi, di oggi: l’intelligenza artificiale entra nei musei con il progetto The Voice Of Art.

Utilizzando Watson, la piattaforma per AI di IBM di cui ho già parlato in questo articolo hanno aumentato l’esperienza dei visitatori, dando la possibilità di interagire con 7 dei capolavori raccolti.
Il visitatore, attaverso un device fornito dal museo, può parlare con le figure rappresentate nelle opere, chiedendo loro qualsiasi cosa dalla più pertinente alla più fantasiosa, ricevendo in tempo reale risposte create da un chatbot cognitivo “formato” dai curatori del museo stesso.

L’utilizzo di tecnologie di AI è una risorsa cruciale per rendere più attraenti i beni culturali, per farli parlare con le nuove generazioni.

Fonte: https://www.museumnext.com/2017/04/artificial-intelligence-audio-guide/


L’inventario del Museo

Recentemente sono stato incaricato di progettare un nuovo sistema di racconto digitale di una collezione privata.
Il primo problema da risolvere?
Avere a disposizione oltre 10.000 oggetti e NON avere nessun catalogo.
Era necessario partire dal creare l’inventario del museo.

Una collezione ben archiviata è un bene per tutti: per chi la possiede, per chi la fruisce e per i posteri, ma anche per un qualsiasi software, che quei dati li può prendere, usare, divulgare; li può trasformare persino in un gioco… la gamification dell’edutainment, tanto per eccedere nelle terminologie e metterci un pò di wow effect.

La prima parola chiave della archiviazione digitale è ontologia.
Tralasciandone la definizione, queste sono le operazioni tipiche che sono possibili con un modello ontologico, che ne spiegano l’utilità:

  • Unire in un unico modello le informazioni provenienti da sorgenti, campi, discipline diverse
  • Eseguire il mapping tra i concetti
  • Costruire un modello ontologico estendendone uno esistente (qualora ne esista uno…

Un fulgido esempio di archiviazione ontologica ce lo dà il British Museum che, da sempre primo nella divulgazione e nel costruire pratiche di cultura aperta introduce così il suo database on-line:

The Museum’s collection online offers everyone unparalleled access to objects in the collection. This innovative database is one of the earliest and most extensive online museum search platforms in the world.

There are currently 2,335,338 records available, which represent more than 4,000,000 objects

Queste sono le istruzioni, chiare, semplice e complete: un compendio perfetto del cercare on-line.

E questa è una delle schede.

L’oggetto in questione Artificial Rock No. 82 me lo ha proposto la home page; la cosa rilevante è che cercando “Lake Tai”, due parole interne alla descrizione dell’oggetto, posso trovare tutto quello che, all’interno della collezione, ha a che fare con questo lago; questo perchè è utilizzato un sistema di ricerca semantica, che trova i dati all’interno di un database costituito da file xml.
Ogni cosa che il British Museum fa è lo stato dell’arte, un porto sicuro da cui partire.

Sono state molto utili altre due fonti:


Neil MacGregor. Far parlare gli oggetti

Neil MacGregor è decisamente un personaggio da conoscere, sa far parlare gli oggetti!

https://en.wikipedia.org/wiki/Neil_MacGregor

Storico dell’arte, direttore fino al 2015 del British Museum, ha scritto La storia del mondo in 100 oggetti.
Un libro fondamentale, che con una leggerezza tutta british ci fa percorrere l’intera storia del mondo.
Da tenere a portata di mano, sul comodino, per sempre.
Questa TED Conference ne dà un piacevole assaggio.


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